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Volevo solo vendere la pizza

Un imprenditore racconta … le tasse la moneta l’economia

Testimonianza raccolta da Claudio Cavallo

Voglio vendere la pizza e nient’altro. Permettetemi una domanda semplice e disarmante. Che cosa sappiamo noi di economia. Noi gente comune che vogliamo “soltanto vendere pizza”. E’ il titolo di un libro di Luigi Furini pubblicato qualche anno fa. Non sappiamo niente di niente di come funziona il nostro sistema finanziario. Ed è una fortuna, perché se solo riuscissimo a capire in modo preciso di come vanno le cose, il giorno dopo andremmo tutti a bussare alle porte degli eleganti uffici dei signori economisti e li sculacceremmo ben benino. Il libro citato sopra, parla di tutto quello che i piccoli imprenditori devono passare per aprire bottega. Ebbene io non vendo pizza, ma sono un piccolo imprenditore che per pagare tasse arretrate, ha chiesto e ottenuto una rateizzazione. Dopo avere pagato la prima rata, non sono riuscito a pagare la seconda e la terza. Mi è stato spiegato che sta per scattare la denuncia penale. Sembra che questo accada quando si accumula un debito di € 70.000 circa. Naturalmente, se continua così, sarò costretto a chiudere. Come posso difendermi e proteggere la mia attività? La risposta è… niente, non posso fare niente.

Ho bisogno di soldi, dunque. Ecco, in tasca ho delle banconote, le guardo per un momento e mi chiedo cosa mai ci sia dietro. Deve esserci per forza qualcosa di tangibile, altrimenti è solo una convenzione e nient’altro. Certo, siamo una società evoluta e la moneta è indispensabile per poterci scambiare prodotti e servizi. Non siamo ai tempi del baratto, ti do un chilo di patate mi rimetti le suole alle scarpe! Vediamo le poche cose che so, che sono veramente poche, però… so che la moneta è metallica e cartacea, fin qui ci arrivo. Poi mi è stato spiegato che non è proprio così. In realtà una buona fetta della moneta in circolazione non è fisica ma virtuale. Con una percentuale che si avvicina al 90%. Accidenti… monete che si muovono attraverso semplici movimenti bancari senza che vi sia connesso nulla di fisico. Se parlassimo di mele e ne fossero 100 inserite nel sistema, quelle vere sarebbero solo dieci.

Provo a fermare il tempo e vedo in un certo istante solo dieci belle succose mele. Da dove saltano fuori allora le altre 90 se non esistono fisicamente? Gli illustri economisti, semmai qualcuno dovesse passare per caso di qui e per pura curiosità leggere questa cosa, sentirebbero quella strana sensazione che si prova quando stai per vomitare, ma dalla tua bocca non esce nulla.

Tranquilli che diamine, si può porre rimedio con facilità con metodi casalinghi o con semplici medicine, niente di grave comunque.

Ditemi, però, è una cosa buona o no, che la maggior parte delle mele, pardon delle monete, sia virtuale? Non lo so, ma se la moneta è strumento indispensabile, deve essere necessariamente un qualcosa di fisico, magari fatta anche con carta da poco, ma vera. Ora, giacché la moneta è il bene più diffuso, e lo è, e mezzo di scambio per eccellenza, la sua quantità presente nel sistema produttivo dovrebbe influenzare il prezzo di tutti gli altri prodotti e servizi e io so come lo si determina; il prezzo voglio dire. E’ una semplice e ovvia legge di mercato, secondo la quale se la domanda aumenta, allora, a parità di offerta, il prezzo aumenta.

Se domani noi tutti volessimo indossare calzini bianchi con pallini gialli e la disponibilità sul mercato è di soli 100 paia di quel tipo, il prezzo di quei calzini aumenterebbe notevolmente. Si potrebbe addirittura fare un’asta vendendoli al miglior offerente. Anche la moneta è un bene la cui domanda nel mercato è massima. Certo, con quello posso comprare ciò che voglio. Anche per la moneta se la domanda aumenta, a parità di offerta, il suo prezzo aumenta. E dove compro il prodotto moneta? Dal suo produttore e venditore. I negozi del bene moneta. Entro in banca e compro e il prezzo che pago si chiama interesse.

Qui, comincio a non capire bene. Il prodotto che chiamo moneta, non lo posso comprare definitivamente. Il venditore banca non lo vende ma lo presta con l’interesse. Perché mai? Non abbiamo detto che è un bene come un altro? Una volta pagato il prezzo, il prodotto dovrebbe essere mio.

All’economista di cui sopra consiglio, a questo punto, di bere molta acqua, poiché una delle cause dei conati di vomito è la mancanza di liquidi.

Non insistere, di economia non capisci un emerito cazzo.

D’accordo… ho capito, ma spiegatemi almeno se le banche prestano il denaro che hanno in cassa? No, possono prestarne molto di più! Allora, la cara banca può prestare soldi che non ha? Sì. Bene lo faccio anch’io.

Devo ricordarmi di telefonare alla camera di commercio e chiedere: scusi che documenti devo presentare per fondare una banca? Caspita, sono un bravo imprenditore, posso farlo. Se il prezzo del denaro, in altre parole l’interesse aumenta, la gente ne compra meno. E se le banche prestano meno soldi, ci sarà meno moneta in circolazione di conseguenza si spende meno, la domanda diminuisce e i produttori sono costretti a diminuire i prezzi. Questo nella migliore delle ipotesi, altrimenti sono costretti a chiudere.

Per finire, aumento del prezzo della moneta diminuzione dei prezzi di altri beni; diminuzione del prezzo moneta, aumento prezzo altri beni. Vuoi dire forse che i prezzi di prodotti e servizi sul mercato dipendono dalla domanda e dall’offerta di tali beni, ma la domanda e l’offerta dipendono entrambe dalla quantità di moneta (denaro) disponibile, e quindi dalla quantità di moneta in circolazione? In sostanza, il problema dell’inflazione non va ricercato né nel lato dell’offerta (produttori, grossisti, commercianti, fornitori) né nel lato della domanda (consumatori) ma piuttosto nel sistema bancario.

Va bene… ma dove vuoi portarci con tutto questo, mi direte. Da nessuna parte. O meglio una cosa ci sarebbe. Trovo bizzarro che le banche siano non soli produttori/consumatori del bene moneta, ma anche compratori e che un bene così essenziale si trovi in una situazione di monopolio gestito da privati come avviene oggi. Vi sembra poco?

teatroimpresa

Interessato al mondo della comunicazione e formazione in generale, (e in particolare al più importante mezzo di comunicazione di massa, come quello televisivo) nelle sue mille sfaccettature, in considerazione dell’importanza crescente che i processi di comunicazione acquisiscono nell'ambito della società moderna determinando così profondi cambiamenti nei modelli di comportamento e nelle relazioni sociali. Sono altresì interessato al processo di formazione dell'arte in una società tecnologicamente avanzata come la nostra, in cui la realtà virtuale è sempre più pressante e invadente. L’attività si sviluppa attraverso un’associazione che opera in continuità con la propria vocazione no profit e che incarna la vocazione alla partecipazione e alla ricerca presupposti irrinunciabili ai fini di una coerente ed efficace azione progettuale e una società dedicata alle componenti progettuali e gestionali dell’azione in campo culturale, e che consente una risposta più efficace e pertinente alla crescente domanda di un approccio imprenditoriale e di una visione aziendale nella gestione dei mercati culturali.

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