Senza categoria

ROBERT CIALDINI

Le armi della persuasione. Come e perché si finisce col dire di sì

ROBERT CIALDINI il maestro dei formatori che non ha mai venduto nulla, rivela le regole universali per influenzare le persone.

Perché una richiesta formulata in un certo modo viene respinta, mentre una richiesta identica, però presentata in maniera leggermente diversa, ottiene il risultato voluto? Cialdini ha scoperto che alla base delle migliaia di tattiche usate quotidianamente dai persuasori ci sono sei schemi fondamentali; in questo libro ne rivela tutti i meccanismi di funzionamento.

“Le parole sono pietre”, così Carlo Levi intitolava un suo libro di denuncia della situazione siciliana. Lo sono davvero, con un peso una forza e una gravità senza pari. Ma la realtà rispecchia la loro efficacia? Riescono ad incidere sulle cose essenziali della vita? Direi di no, quando proviamo ad ascoltare, per esempio, l’uso strumentale che i nostri politici, opinionisti e tanti altri esperti in ogni situazione professionale, ne fanno, gettate in faccia di noi ascoltatori per poi sfruttarne la reazione, scrutarne l’effetto, pronti a cogliere la possibilità di modificarne il valore ed il senso. Perché?
Perché dietro a quelle parole non c’è un pensiero, un’idea da realizzare, un progetto da perseguire, ma solo l’attenzione all’effetto, il miraggio di raggiungere dei risultati a proprio vantaggio, attraverso il tentativo di provare ed eventualmente modificare o addirittura smentire in caso che si veda che il discorso non va verso dove si vorrebbe, adducendo sovente la scusa di essere stati fraintesi.

Gli esperti siamo noi, intendo tutti noi

Non passa giorno… c’è sempre un esperto pronto a suggerire come allevare figli, cosa mangiare, quale costume indossare, perché sapete… non è opportuno presentarsi in spiaggia con la ciccia flaccida.
“Sono quasi 3 anni che aspetto di realizzare il mio sogno, quello di dimagrire e di considerarmi normale nella società… amico obeso sono con te”.

Leggi il mio punto di vista su “Teatro e Impresa”

Intervista a ROBERT CIALDINI

Nella sua vita, lei si è dedicato a vendere?

In realtà no, perché sono un accademico, un professore universitario. Mi sono dedicato alle vendite, oltre che con le mie ricerche come docente, anche intrufolandomi nei corsi delle società che fanno formazione. Rispondevo agli annunci pubblicati nei giornali per la ricerca di personale commerciale (quasi come una spia), infiltrandomi nel maggior numero di corsi possibile, per cercare di capire dall’interno quello che le aziende pensassero e cosa funzionasse meglio per facilitare gli acquisti da parte dei clienti. Quindi, ho utilizzato i processi di formazione come leva, per capire quali fossero le migliori strategie, le opportunità, i contatti, le situazioni per le vendite che nei vari settori potessero risultare vincenti. Ho analizzato la funzione delle vendite nei settori delle automobili, delle assicurazioni, della fotografia, delle palestre e in molti altri. Cercavo di scoprire quali fossero le similitudini e quali princìpi avessero in comune le aziende di maggior successo.

Qual è stato il suo più grande successo nelle vendite?

Anche se non ho mai lavorato nelle vendite, il mio obiettivo non era solo di capire quello che funzionava meglio per vendere un prodotto piuttosto che un altro, ma quello che funzionava meglio per vendere alle persone, le idee, i prodotti, i servizi, poco importa cosa esattamente. Volevo capire quello che funzionava meglio per tutte quelle situazioni.

Qual è stata la più grande sorpresa (o lezione imparata) durante la sua carriera come formatore nella vendita?

Osservavo sempre le persone nelle varie società per capire quali fossero i venditori di maggior successo e come si differenziassero nei comportamenti dalle persone che ottenevano invece risultati mediocri. All’inizio pensavo che i migliori passassero la maggiore parte del loro tempo preparando le presentazioni dei prodotti o servizi che vendevano, rendendole logiche e chiare e focalizzandosi principalmente sugli attributi di ciò che vendevano. Invece non era così: i venditori di successo passavano più tempo nello strutturare quello che facevano e dicevano immediatamente prima di presentare il loro prodotto o servizio. Si comportavano come dei giardinieri: avevano capito che l’importante non era tanto la qualità dei semi, quanto quella del terreno, perché se prima non prepari bene il terreno, allora quel seme non pianta le sue radici e non produce i suoi frutti. Bisognava prima coltivare l’ambiente, la terra, insomma il rapporto. Perciò i migliori venditori impegnavano molto del loro tempo comunicando la loro esperienza, la loro conoscenza, stabilendo un rapporto, allineandosi col cliente, facilitando la sensazione di essere simili, di avere cose in comune o di essere simpatici. Queste sono le cose su cui passavano la maggior parte del tempo prima di andare a vendere, non le caratteristiche del prodotto. Con intelligenza e onestà, regalavano e offrivano qualcosa in maniera fiduciosa. Questa percezione doveva essere posta prima di proporre le varie qualità di prodotto.

In quale maniera possono i principi di psicologia insegnare ai venditori i motivi per cui le persone dicono «Sì» con maggiore frequenza?

Le mie ricerche hanno identificato sei principi psicologici che portano le persone a dire «Sì» a una richiesta:

Simpatia (Liking). Bisogna permettere alle persone di stabilire un legame, una simpatia, prima ancora che vogliano comprare da te.

Scarsità (Scarcity). Le persone desiderano maggiormente le cose rare, che sono disponibili in misura minore. Quindi, voi dovreste onestamente spiegare alle persone quali sono gli aspetti unici del vostro prodotto o servizio. Per esempio, negli USA con il lancio del nuovo iPad, abbiamo visto lunghe code di persone ai negozi, non necessariamente perché il prodotto sia qualitativamente buono – e lo è –, ma perché le persone riconoscono che non ce ne saranno di disponibili a sufficienza. La scarsità conferisce valore alla stessa stregua delle caratteristiche intrinseche al prodotto.

Autorità (Authority). Ovvero il livello al quale siete riconosciuti come esperti sull’argomento. Le persone vogliono seguire la leadership di individui autenticamente autorevoli su un particolare argomento. Quindi il tuo lavoro come venditore è, prima di iniziare a proporre qualsiasi cosa, quello di informare le persone sul tuo percorso, la tua esperienza e l’autorevolezza in merito al prodotto: così potranno misurarti in confronto alla concorrenza. Il cliente non ha una sfera di cristallo e, se voi non gli comunicate il vostro passato e la vostra esperienza pregressa, difficilmente lui potrà venirne a conoscenza. Qui si pone un problema. Se gli spiegate tutte queste cose, è possibile che lui pensi che vi stiate vantando. Per ovviare a questo, prima di fissare il primo incontro con un cliente, inviategli una lettera d’introduzione che dice, ad esempio: «Mi farà molto piacere incontrarla giovedì per l’argomento XY, e in merito a quest’argomento la mia esperienza e la mia competenza è quanto segue…». È corretto metterlo nella lettera, piuttosto che dire direttamente faccia a faccia alle persone quanto bravi siamo.

Consenso (Consensus). Le persone desiderano seguire la leadership dei loro simili. Che cosa hanno fatto gli altri in merito a quel prodotto o servizio? È molto importante per i venditori acquisire le informazioni su cosa altri clienti, simili ai loro, stanno scegliendo, aiutando i propri clienti a ridurre le incertezze su cosa dovrebbero fare. Per esempio, recentemente ho letto un articolo scientifico a Pechino che dichiarava: “Se il proprietario di un ristorante scrive sul menù ‘Questi sono i piatti preferiti’, immediatamente essi subiranno una crescita nelle ordinazioni del 25%”. Quindi un’altra cosa che il venditore può fare prima di iniziare a vendere è dire al cliente quali altri l’hanno acquistato, specialmente quei clienti che si trovano in condizioni di acquisto simili al cliente in questione.

Ricambiare (Reciprocation). Le persone vogliono ricambiare quello che prima hanno ricevuto da noi. Se hanno ricevuto, vogliono ridare. Quindi il mio consiglio, per qualsiasi persona che entri in una sala piena di altre persone e voglia essere influente in una certa maniera, è di muoversi nella loro direzione. La prima domanda non è “Chi mi può aiutare qui?”, ma piuttosto “Chi posso aiutare io?” oppure “A quali persone potrei migliorare gli obiettivi commerciali? In quali circostanze aziendali potrei facilitare il loro avanzamento, tramite le mie informazioni o conoscenze, o fornire un certo tipo di assistenza che orienterà il loro business verso prestazioni migliori?”. E dovete chiedervelo prima, non dopo che hanno firmato il contratto! La regola non è “Se voi ci darete dei soldi, noi vi daremo un eccellente servizio”, ma invece “Se voi date qualcosa in anticipo, poi gli altri si sentiranno di ricambiare”. Dovete capire cosa potete regalare, come potete migliorare le circostanze aziendali delle persone che cercate di influenzare; dategli ciò che potrebbe tornare loro utile: molto spesso sono informazioni che voi avete e loro invece no. Di conseguenza, loro desidereranno fare altrettanto con voi.

Coerenza (Consistency). Le persone desiderano essere coerenti con quello che hanno già detto o fatto, in particolare in pubblico. Esiste un certo orgoglio in quello che si dichiara e le persone, in base a esso, desiderano essere veritiere. Porto a esempio una storia accaduta negli Stati Uniti, sempre nel settore della ristorazione. Esiste un problema in tutti i ristoranti, quando le persone telefonano per prenotare un tavolo e poi non si presentano evitando di chiamare per annullare, (i cosiddetti noshows). Be’, c’è un ristorante a Chicago chiamato “Gordon’s Restaurant”, il cui titolare, Gordon Sinclair, ha trovato un modo per ridurre in modo significativo il numero di noshows semplicemente facendo apportare alla centralinista del ristorante alcuni cambiamenti nella telefonata: prima lei diceva: «Per favore chiamate se dovete annullare la vostra prenotazione». Sinclair, che aveva letto il mio libro, ha preso spunto dal capitolo sul principio di “impegno e coerenza”: ha quindi istruito la centralinista a dire «Potreste per favore chiamare se dovete annullare la vostra prenotazione? », e successivamente le ha consigliato di aggiungere una pausa. L’impegno in questo caso è la risposta naturale («Sì, ma certo»): la gente desidera essere coerente con quello che ha detto. Di conseguenza i noshows al “Gordon’s Restaurant” sono diminuiti dal 30% al 10% grazie a questi due accorgimenti.

Il suo bestseller Influence: How and why people agree to things viene considerato la “bibbia” per i venditori. Perchè pensa che sia stato accolto così positivamente?

Perché mi sono focalizzato sugli argomenti universali, sulla parte macro delle vendite. Quello che ho trovato particolarmente interessante durante le mie ricerche sul campo era che ognuno mi diceva che il suo programma era migliore degli altri, che le vendite nella loro azienda erano diverse, che vendere le auto era diverso dal vendere camion, che la vendita ai negozi era diversa dalle vendite all’ingrosso, o che vendere ai clienti piuttosto che alle ditte era diverso e così via. Tutte cose vere. Ma ecco la domanda che nessuno si poneva: che cosa accomuna tutte queste aziende e che cosa porta le persone a rispondere «Sì»? Questa è la domanda che ho posto e ritengo sia il motivo per cui il libro è stato così di successo presso tutti i tipi di venditori. Ognuno di loro può trovare sei princìpi che funzionano a prescindere dal settore di appartenenza.

Quali abilità dovrebbe acquisire un venditore per affrontare la complessità del mondo nel quale viviamo oggi?

Il mondo è molto più complesso che in qualsiasi altro momento del passato. Le persone hanno più informazioni a disposizione, ci sono più stimoli e i cambiamenti avvengono rapidamente. Per affrontare questo periodo tutt’altro che semplice, un venditore non potrà ricorrere a un unico modo o approccio per ottimizzare i propri risultati. Un collega professore di Marketing negli USA mi ha detto che ha passato 16 anni per cercare di trovare la singola strategia più efficace per le vendite. L’ho incontrato in occasione di una conferenza e mi ha detto di averla trovata. La risposta è che «Non esiste una strategia unica per le vendite». Perché una sola strategia non funzionerà mai nel mondo in cui viviamo. Non sarà mai vincente, con una concorrenza che cambia modo di agire in base alla situazione, alla persona che ha davanti, al vissuto di quella persona. Non potete utilizzare una soluzione unica, ma piuttosto uno o alcuni di questi sei princìpi, valutando quale sia il più adatto alla situazione. Dovete essere bene informati sui fatti, visto che un gran numero di futuri clienti già lo è; dovete avere un prodotto unico o con caratteristiche originali e fuori dal comune; se invece avete grande esperienza o capacità e autorità per vendere, questo è quello che dovreste utilizzare. Si cambia l’approccio in base alla situazione: sareste ingenui a utilizzare lo stesso per tutte le situazioni.

Alcuni ritengono semplicemente di non avere il diritto di influenzare le altre persone. Come si sviluppa una buona e forte motivazione a influenzare le persone?

Innanzitutto bisogna smettere di pensare che non si abbia il diritto di influenzare le persone. Non abbiamo il diritto di influenzare le persone per imbrogliarle. È diverso. Influenzare è giusto quando riusciamo a trasmettere onestamente alle persone quello che gli sarà di beneficio tramite la nostra vendita. Questo significa formare le persone, regalare informazioni. Questa è educazione, non manipolazione. In questo modo come venditori permetteremo alle persone di prendere decisioni positive, che portano un beneficio e che li dirigono verso la giusta direzione.

Lei era in Italia lo scorso anno. Qual è stata la sua impressione sulla cultura delle persone che ha conosciuto? Ritiene che gli italiani siano più artisti, professionisti o venditori?

Io stesso ho antenati italiani e sono cresciuto negli USA all’interno di una casa interamente italiana, quindi sento una forte simpatia e uno stretto collegamento con questa nazione. L’Italia è il mio Paese del mondo preferito. Quello che mi ha impressionato è il senso che gli italiani hanno per l’arte e la creatività. Ma non per questo devono limitarsi a un approccio da artisti, perché sono anche storicamente ottimi scienziati. Il mio suggerimento sarebbe di combinare l’ispirazione artistica con un approccio scientifico e sistematico alle vendite, per cercare di capire cosa motivi le persone nella direzione del «Sì» non solo secondo l’intuito, ma anche secondo la ricerca scientifica.

Le vendite internazionali implicano contesti diversi da quelli nazionali. I suoi libri includono anche le differenze di cultura tra i vari mercati?

Certamente. L’area cross-cultural è l’area più sviluppata nella ricerca della persuasione e dell’influenza, e in essa i principi funzionano nelle varie culture o nazionalità. Per i venditori che operano in questi ambiti ci sono notizie buone e cattive: quella buona è che tutti e sei i miei principi funzionano nelle diverse culture, e questo semplifica le cose, perché non dobbiamo ripensare nuove regole ogni volta che ci confrontiamo con una nuova cultura. La cattiva notizia invece è che le priorità associate con i principi cambiano da cultura a cultura. Come esempio pratico, posso citare uno studio sulla persuasione effettuato con la Citibank, che svolge operazioni in circa il 90% dei Paesi nel mondo. Hanno rivolto ai loro manager di quattro diverse culture la seguente domanda: “Supponiamo che uno dei tuoi colleghi, un manager, venga da te per una richiesta di assistenza in merito a un progetto, un progetto dove tu non sia coinvolto personalmente, ma che richieda del tuo tempo, aiuto e forse l’apporto di qualcuno del tuo staff. In quali circostanze ti sentiresti maggiormente obbligato a rispondere «Sì»?”. Quando posero la domanda in USA, Canada e Gran Bretagna, la risposta più frequente era: “Be’, mi chiederei che cosa ha fatto questa persona per me recentemente”. Questo è il principio del ricambiare. Nell’estremo Oriente (Giappone, Corea, Hong Kong) la risposta ricorrente era diversa: “Ma questa domanda è in qualche modo collegata al mio capo?”. Quindi il principio di autorità o anzianità implicava che bisognasse dire «Sì» a questa persona per rispetto del capo. Nei Paesi mediterranei – Italia, Grecia, Spagna, Portogallo – la risposta era nuovamente diversa: “Questa domanda è collegata in qualche modo ai miei amici?”. Prevaleva cioè il principio della simpatia. In Germania e nei Paesi scandinavi la risposta era: “Secondo le regole e le leggi di quest’azienda, sono obbligato a dire di Sì?”. Secondo il principio d’impegno e coerenza, dovevano essere coerenti con gli accordi presi con la società. Questo non significa che gli italiani non siano interessati al principio del ricambiare, o che i giapponesi non credano nell’amicizia, ma che le cose in cima alla lista cambiano di cultura in cultura. Ed è un fattore da non sottovalutare, perchè spesso nell’ambito delle multinazionali i clienti sono esteri. L’importante è sapere quali sono le cose alle quali le persone fuori delle nostre frontiere attribuiscono maggior valore e verso le quali saranno quindi più recettive.

ROBERT CIALDINI


Con oltre 30 anni di studi nel campo della psicologia applicata, è un esperto globalmente riconosciuto nelle tecniche della persuasione, della gestione della leadership e della negoziazione. Dottorato all’Università del North Carolina, specializzazione presso la Columbia University, e poi il ruolo di docente presso l’Università dell’Ohio e della California, l’Annenberg School of Communications e la Graduate School of Business della Stanford University. Attualmente, oltre a condurre seminari in tutto il mondo, insegna all’Università dell’Arizona e alla W.P. Carey School of Business. È presidente di “Influence at Work”, organizzazione di livello mondiale che offre consulenza e formazione. Tra i suoi clienti: Google, IBM, Coca Cola, Ericsson, Kodak, Microsoft. Il suo libro più famoso, Influence: Science & Practice, è stato tradotto in 25 lingue e ha venduto oltre 1,5 milioni di copie in tutto il mondo. Yes! 50 Scientifically Proven Ways to be Persuasive, cui ha contributo come co-autore, è riuscito a entrare nelle classifiche dei bestseller business del New York Times, di USA Today e del Wall Street Journal.

teatroimpresa

Interessato al mondo della comunicazione e formazione in generale, (e in particolare al più importante mezzo di comunicazione di massa, come quello televisivo) nelle sue mille sfaccettature, in considerazione dell’importanza crescente che i processi di comunicazione acquisiscono nell'ambito della società moderna determinando così profondi cambiamenti nei modelli di comportamento e nelle relazioni sociali. Sono altresì interessato al processo di formazione dell'arte in una società tecnologicamente avanzata come la nostra, in cui la realtà virtuale è sempre più pressante e invadente. L’attività si sviluppa attraverso un’associazione che opera in continuità con la propria vocazione no profit e che incarna la vocazione alla partecipazione e alla ricerca presupposti irrinunciabili ai fini di una coerente ed efficace azione progettuale e una società dedicata alle componenti progettuali e gestionali dell’azione in campo culturale, e che consente una risposta più efficace e pertinente alla crescente domanda di un approccio imprenditoriale e di una visione aziendale nella gestione dei mercati culturali.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.