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La sublime arte del travestimento

Il travestimento è un’arte veramente superba. Il deliberato proposito di alterare tutto ciò che agli occhi ci appare, l’aspetto, così da renderci difficilmente riconoscibili, è prerogativa di un individuo dalle altissime doti.  C’è una maschera giusta da indossare per ogni occasione. E’ la capacità principale nel meraviglioso “gioco degli incontri”, non nel senso virtuale evidentemente, questione peraltro più che mai attuale, dove “rendersi popolari”, apparire, “esserci” forzatamente (non essere spontaneamente) sembra di vitale importanza. Un vortice di conoscenze superficiali e vacue, dove è il “nulla” a detenere il potere sugli uomini. L’arte del travestimento, la sua leggendaria abilità nel camuffarsi è altra cosa. E’, questa, la dote da sviluppare per ogni venditore. Non mimetismo e illusioni ottiche fatte per nascondere, intimorire o per attrarre prede … no, solo abiti psicologici da indossare per diventare quel ruolo, per esplorarne e conoscerne ogni angolo, ogni segreto; senza dimenticare il gioco, senza mai restarne invischiati.

L’arte della recitazione è la capacità di un guerriero di vivere strategicamente.

Acting for a seller

Imparare a recitare intenzionalmente, vuol dire sapere sempre quale immagine offrire, in ogni luogo, in ogni situazione. Un incontro è sempre unico e importante, diverso da ogni altro mai accaduto prima e che mai più accadrà, in tutta la storia della tua vita. Tener presente le mille peculiarità che lo rendono tale, è recitare. Non sentire, ti prego, alcuna ripugnanza per questo, soprattutto se tutto quello che ti è stato insegnato, ti spinge a vedere le cose da un punto di vista esattamente opposto. Come per esempio: “un uomo è libero se può essere se stesso senza dover recitare e fingersi qualcun altro”. Convinto come sei che incontrare gli altri recitando un ruolo, indossando una maschera, è un modo insincero, falso, di gestire un rapporto.

Tra tutta la gente che s’identifica in un ruolo che il mondo gli consente e con il quale s’immedesimano, queste passerebbero per giuste obiezioni. Con loro, tale attitudine apparirebbe quella di chi nella vita ha regole di correttezza e principi etici inderogabili, e sa difenderli con coraggio, di fronte a chiunque, anche a un superiore. “Essere se stesso… ” se la saccenteria avesse un suono, sentiremmo un costante fastidioso rumore di sottofondo sprofondare dalla stratosfera, chiedendoci – da dove arriva? Cos’è? – oh niente è un saccente che sta parlando.

Si vive nella falsità, nella prigione dei ruoli per tutta una vita, senza sapere neppure per un momento da che parte si comincia a essere se stesso. Innanzitutto … senza sapere … cosa vuol dire essere se stessi. Dietro certe argomentazioni, e più in profondità di quanto si possa immaginare, corrono fortissime resistenze al cambiamento. Osservate, invece, la meravigliosa abilità di entrare e uscire da uno stato d’essere, modificando tono, linguaggio, gesti, espressione del viso, reazioni … il tutto senza lasciare residui, senza strascichi. C’è libertà nel recitare. Recitare con convinzione un ruolo significa aver superato quel ruolo nella vita. Non identificarsi con esso, significa comprendere, avere accesso a zone superiori di responsabilità.

Il teatro è sempre stato, (non oggi ahimè) una scuola dell’Essere, una scuola di libertà. Cos’altro potrebbe essere? Recitare, imparare a liberare l’Essere da pensieri distruttivi e da emozioni negative. L’azione catartica, purificatrice, esercitata dal teatro, si estende come un’onda al coro, al pubblico, alla città, fino alla nazione, saldandola, unificandola, creando le condizioni della sua libertà e della sua ricchezza. Grazie a questo, il teatro ha sempre avuto un ruolo centrale in tutte le culture. La Grecia dell’età classica sapeva perfettamente che il segreto della prosperità economica, della concordia civile, della maturità e della longevità delle istituzioni, era nell’innalzamento dell’Essere di ogni uomo, nell’arricchimento di ogni cellula della città. Questa visione concepì e produsse una civiltà dell’Essere, una civiltà emozionale, senza tempo. Arte, bellezza, musica, sport, da dove pensate che arrivino? La ricerca della verità era la colonna portante della polis. Da dove credete salti fuori la filosofia?

Altre civiltà, molto più antiche della Greca e Romana, nel momento in cui decidevano di fondare una nuova città, prima ancora di tracciarne le mura, eleggevano i luoghi per erigere due edifici pubblici: il teatro, per purificare le emozioni, le terme, per purificare il corpo. Essi erano le due ghiandole vitali di depurazione, i reni della società. Come in un essere vivente, a questi due organi era affidato il compito vitale di filtrare e purificare la linfa della città, di depurare e arricchire ogni cellula. Non c’è luogo fisico, dove non possa esserci il teatro, perché non è quello il teatro. Esso è uno stato, una condizione, un luogo della psicologia dove si armonizzano le grandi facoltà dell’uomo … dove la parola, che è fusione di pensiero e respiro, incontra il gesto.

Che cosa abbiamo imparato da mondi scomparsi, e da civiltà ormai sepolte? Niente! Eppure se ne sente ancora il respiro se solo imparassimo ad ascoltare.

teatroimpresa

Interessato al mondo della comunicazione e formazione in generale, (e in particolare al più importante mezzo di comunicazione di massa, come quello televisivo) nelle sue mille sfaccettature, in considerazione dell’importanza crescente che i processi di comunicazione acquisiscono nell'ambito della società moderna determinando così profondi cambiamenti nei modelli di comportamento e nelle relazioni sociali. Sono altresì interessato al processo di formazione dell'arte in una società tecnologicamente avanzata come la nostra, in cui la realtà virtuale è sempre più pressante e invadente. L’attività si sviluppa attraverso un’associazione che opera in continuità con la propria vocazione no profit e che incarna la vocazione alla partecipazione e alla ricerca presupposti irrinunciabili ai fini di una coerente ed efficace azione progettuale e una società dedicata alle componenti progettuali e gestionali dell’azione in campo culturale, e che consente una risposta più efficace e pertinente alla crescente domanda di un approccio imprenditoriale e di una visione aziendale nella gestione dei mercati culturali.

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