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L’unico padrone da servire amorevolmente

Essere padrone nel suo significato letterale, è chi ha la disponibilità di un bene, o chi esercita un dominio, un potere o chi ha un’autorità assoluta, e impone o pretende di imporre la propria volontà.

Inutile dire, siamo completamente invasi dalla paura, il mondo intero lo è. Sia in quelli che chiamiamo paesi sottosviluppati che in tutto il mondo occidentale; la sofferenza è grande e le cause molto spesso incomprensibili. Oppure, cosi evidenti e facili da capire ma ugualmente incapaci, noi, di poter fare il più piccolo movimento del capo. Questo mondo è un mondo di paure, questo mondo è un mondo di sofferenza, questo mondo sta veramente andando a ritroso. Il bello è che, più la si guarda e riguarda e più la faccenda appare normale! Non si dice: “cosi va il mondo?”

Una delle nostre più grandi sofferenze è quella di sentirsi tagliati fuori. Da chi? Da cosa? Eppure il mondo è accanto a noi, appena fuori dalla porta di casa. E’ dunque una paura ingiustificata? Sono opportunità che ci sembrano sfuggire? Occasioni, amicizie, opinioni, fatti da commentare? Che cosa?

Secondo alcuni, la fortuna dei social risiede esattamente in questo, nella paura cioè di essere tagliati fuori. Un’indagine di MTV, di qualche anno fa, ha dimostrato chiaramente che il 58 per cento dei giovani si preoccupa di essersi perso una notizia importante mentre era scollegato. Un ruolo fondamentale lo gioca l’abitudine, che sempre più spesso si trasforma in dipendenza, a meno da non riuscire ad applicare metodi per diminuire questa“urgenza.

Zerocalcare, nome d’arte del bravissimo e amatissimo fumettista Michele Rech, in un’intervista sul quotidiano la Stampa osservava curiosamente (in modo divertente) che “I trentenni non esistono più, come gli gnomi, il dodo e gli esquimesi. Adesso c’è l’adolescenza, la post-adolescenza e la fossa comune. I trentenni sono una categoria superata, a cui ci si attacca per nostalgia, come il posto fisso”. Così parlava Zerocalcare.

Come si può essere tagliati fuori. Cosa vuol dire esattamente? Da se stessi? Molto semplicemente ignorare qualcosa. Qualcosa che ha a che fare con la personalità. Dovrei dire totalità!

C’è una teoria, singolare dal mio punto di vista, che sostiene come la personalità “sia un insieme di un numero potenzialmente infinito di sé” (notare l’uso dell’aggettivo “infinito” che in senso Aristotelico è ciò di cui si può prendere sempre e solo una parte). Naturalmente (gli infiniti sé) tutti ricchi di possibilità espressive, e questa è una buona notizia. Il problema è che non ne siamo consapevoli, mannaggia. E’ questo che si sostiene.

Dunque, coltivare la convinzione di essere una persona soltanto, dimostra implicitamente un modo di pensare e di comportarsi, anche occasionalmente, scarsamente intelligente e poco perspicacie. La logica conseguenza di questo è che, ogni forma di certezza morale o intellettuale anche se acquisita con fatica, superando dubbi e ragioni contrastanti, non può semplicemente esistere. Non c’è cosa della quale si può essere convinti. Se quella è la premessa, la conclusione non può essere che questa.

Ehi tu, che stai arrotolando il bucatino con salmone al profumo di limone, rigorosamente senza burro ne panna mi raccomando… sei convinto di essere l’unico padrone del tuo corpo e della tua mente? Testa di cazzo che non sei altro, continua a inforchettare è meglio! Non sai che questo crea non pochi inconvenienti? Gli inconvenienti di cui si parla sono racchiusi in frasi del tipo: “Non ho potuto resistere” “Mi ha preso di matto” “Ero come posseduto” “Mi sono sentito divorare dalla rabbia” (o dalla fame). Si, questo accade, è innegabile.

Modi di dire che, secondo la succitata scuola, “riflettono un’estraneità interiore che tutti più o meno sperimentano in momenti diversi della vita”. In sostanza si da ad intendere che un’energia sconosciuta può impadronirsi della nostra volontà, guidandola verso scelte, comportamenti ed emozioni, in cui poi è difficile riconoscersi, una volta usciti dalla possessione.

Una forza aliena che improvvisamente occupa la psiche è il segnale di una presenza di altri proprietari della personalità, “i nostri tanti Sé, che esercitano spontaneamente il loro diritto di gestione. Infatti, fino a quando non ne riconosciamo l’esistenza in noi stessi, è impossibile regolarne l’alternarsi e usufruire produttivamente delle loro risorse. Finché nella personalità manca un garante della democrazia (non è straordinaria questa espressione?), nel mondo interiore si attua una pericolosa anarchia, che permette ai Sé più forti di spadroneggiare su quelli meno energici, fino a monopolizzare pensieri e comportamenti, con un golpe che ne instaura la dittatura”.

Ma chi sono poi questi Sé, le voci che rifiutano ogni forma di governo, pronte a scatenare rivoluzioni, vuoi per assenza di un valido potere, o per inefficienza dell’esercizio del potere da parte di colui che ne è investito. I nomi!

Si chiamano “Attivista”, “Perfezionista”, il Sé Gentile e il Sé Premuroso, il Critico uno dei più tosti a guidare la rivolta. Poi c’è il Sé Sensuale, il Sé Creativo, il Sé Materno e Paterno, la Bambina Insicura e il Bambino Capriccioso e tanti altri. Un numero infinito si dice. Impossibile elencarli tutti. Io ci metterei anche l’Arrabbiato e lo Stizzoso. Il Calmo, l’Ostinato e l’Accanito, e poi il Coglione il Furbetto e il Secchione, tutti quelli che vengono in mente. Il Precisino è uno dei più fastidiosi con quella sua mania di ordinare gli oggetti nella misura giusta. Il Monaco, desideroso di salvarsi e per questo pronto a far tacere ogni desiderio, cosi come l’Incauto e il Diplomatico, il Politico e l’Economista. E il Formatore? Lasciatemi dire qualcosa sul Formatore che vuole renderci assolutamente felici, non uno qualsiasi ma di quelli che hanno una serie lunghissima di consigli alla fine dei quali la vita non può che sorridere. Non un paio di suggerimenti, ma almeno 51 o giù di li. Ogni atteggiamento o tendenza o vizio è espressione di un Sé.

Cosa fare allora? “Dialogare con le nostre “voci” vuol dire conoscere sempre meglio le varie parti della nostra personalità”. Ecco la soluzione, efficace e fruttuosa che sempre la succitata scuola offre.

Beninteso, non sto cercando di dimostrane l’infondatezza. Come potrei! Ho grande rispetto per chiunque cerchi la via per una vita migliore. E’ un metodo, e come tale, presuppone ricerca e indagine. Se il fine è di determinare un risultato, perché escluderne l’utilità a priori? Ci saranno pure persone interessate a questo tipo di percorso. Lo scopo del lavoro sarà senz’altro nobile che è poi quello di conoscere se stessi, cosa peraltro vecchia di qualche millennio. Ogni esperienza umana, del resto, non può che condurre a questo: alla conoscenza, alla comprensione di sé, dell’altro, della vita. Non esiste essere umano, non esiste vita che, in qualunque forma si manifesti, non realizzi questo. Tutti noi siamo spinti, in un modo o nell’altro gradualmente, da una misteriosa forza verso l’essenza dell’esistere e dell’essere. Uno strumento quindi, che, per i molti che lo scelgono, risulterà efficace per quello che dicono e promettono e cioè: “liberarsi dagli automatismi, ampliare le prospettive, scegliere in modo efficace”.

Ciò non vuol dire, però, escludere qualche interessante riflessione. Quello di cui stiamo parlando, in sostanza, è un “IO” diviso in pezzettini a noi di fatto sconosciuti. Ognuno dei quali, ha i suoi punti di vista, la sua sensibilità, il suo modo di comportarsi. E’ necessario pertanto, riconquistare un centro dal quale dirigere l’orchestra.

Senti agitarsi dentro di te sentimenti diversi e contrastanti? Sono i diversi punti di vista dei tuoi innumerevoli Sé.

Sei davanti a due situazioni, ciascuna delle quali presenta aspetti positivi e altri a sfavore? Il cuore e la mente non si muovono all’unisono ecco perché ti è difficile prendere una decisione.

Non sai come risolvere un problema che ti si è appena presentato? Evidentemente finora hai usato strumenti inadeguati. Dovresti inventarti qualcosa di nuovo, ma non sei abituato a osare e rischiare. Certo, non hai invitato uno dei tuoi Sé a esprimere le proprie esigenze. Dovresti farlo, e al più presto se vuoi acquisire consapevolezza della loro esistenza, se vuoi riconoscerne le ragioni e trasformarli da potenziali ostacoli in risorse preziose dalle quali attingere.

“Abbiamo Sé leciti e Sé illeciti, Sé che ci piacciono e Sé che, invece, rifiutiamo, Sé che gestiscono le risorse della psiche e Sé rinnegati che faticano a guadagnarsi uno spazio di autonomia”.

“Quello che succede è che, di solito, ci identifichiamo con un pool di opportunità sperimentate durante l’infanzia e cresciute grazie al rinforzo costante di genitori, insegnanti, amici e parenti”.

“Solo i Sé leciti ci hanno permesso di diventare adulti e di ritagliarci un posto nel mondo”, che se non fosse per loro, gli ospedali psichiatrici sarebbero superaffollati di gente disperata in cerca del proprio IO perso non si sa dove. Eh si, siamo tutti dei potenziali individui con in testa mille voci che nessuno sente, spaventati dal fatto che altri possano essere in grado di leggere i nostri pensieri.

Una mente separata, dunque? Intendendo, con questo, una separazione dalla realtà. La possibilità che qualcosa interferisca con la capacità dell’individuo di riconoscere la realtà e di gestire le proprie emozioni. Poter influenzare alcune delle funzioni più evolute dell’essere umano, come ad esempio la percezione, la memoria, l’attenzione, l’apprendimento e le emozioni. Non è di questo che stiamo parlando? La chiamano, mi pare di ricordare, schizofrenia. Non lo è? Le somiglia molto.

La Sindrome da Personalità Multipla, o come si dice in termini tecnici descrittivi, Disturbo Dissociativo di Personalità, esiste d’avvero? E’ una domanda a cui gli stessi esperti non sanno rispondere, figuriamoci noi. Non lo so. Ma non è difficile capire come una sindrome del genere può apparire come una distorsione deviante e pericolosamente patogena per l’individuo che ne è portatore nella normale vita sociale e di relazione.

Se una persona si aggira per le tranquille stradine di una cittadina brandendo un fucile carico e spianandolo sui passanti ogni volta che gli passano accanto, quella persona e quell’arma costituirebbero un pericolo reale, per la comunità. Si tratterebbe di un comportamento socio-patologico da neutralizzare in quanto assolutamente non in linea con l’ambiente. Ma se la stessa persona (la stessa non un’altra) si fosse smarrita durante un safari, al tramonto in mezzo alla savana proprio nel momento in cui i leoni si muovono per la caccia? Non sarà in qualche modo utile il fuciletto spianato pronto a sparare prima che si muova foglia? Un esempio limite, certo, fatto dagli stessi medici non da me per sottolineare un’importante questione. Come si può definire una sindrome in circostante diverse? La prima in una normale vita di relazione, l’altra in una situazione fortemente ostile.

Ora, è chiaro a tutti come le circostanze della vita portino ad un adattamento, il quale non è altro che l’espressione di una nostra capacità e di una nostra volontà di istituire con l’ambiente in cui vogliamo agire e operare una relazione, così da riuscire ad ottenere la soddisfazione dei nostri bisogni, fisici o sociali che siano (a volte tale capacità e volontà mancano, altre volte è presente l’una ma non l’altra). Ed è pur vero che in questa operazione di adattamento possiamo privilegiare alcuni aspetti del nostro temperamento e trascurare altri che riteniamo poco funzionali alle esperienze che la nuova situazione ci impone in qualche modo di affrontare. Questi, diverranno necessariamente i tratti dominanti del nostro carattere.

Bene, questo forse prova che la nostra personalità è composta di molte sfaccettature? D’accordo, e allora? Affermare che ciascuna riveli il suo specifico modo di pensare e percepire cose e persone, significa affermare una divisione profonda e ineluttabilmente morbosa della vita.  

Ma basta guardare il cielo di mezzanotte in una calda sera d’estate per comprendere che esiste una cima, una parte alta, come il germoglio è la parte terminale e più tenera di alcune piante, cosi nella punta del nostro essere c’è una certezza, la possibilità cioè di riconoscersi in qualcosa che è più della personalità, in un luogo dove le paure non sono altro che polvere. Si, c’è sempre qualcosa che può generare ansie e timori, ma il fatto di poter prendere un pensiero e distenderlo verso quell’immenso cielo che sembra non avere mai fine, rende l’angoscia senza più consistenza e gli eventi non più percepiti come necessariamente dannosi.

Come la neve soffice si contrappone al duro ghiaccio, la fiducia è la parte meno corporea della vita ordinaria, ma quando conquisti quel senso di sicurezza che viene dalla speranza e stima profonda fondata esclusivamente su te stesso, non è più necessaria l’approvazione degli altri, e non è necessaria anche da parte dei tuoi innumerevoli Sé. Perché si sa chi sei, sai che sei più del tuo aspetto, molto di più; non è necessaria l’approvazione degli altri, è necessario solo il proprio benestare e, pertanto, non desideri essere riconosciuto in quanto ti riconosci.

Dal momento in cui si viene a conoscenza di ciò che si è al di là di ciò che si percepisce, gettiamo l’ancora nella consapevolezza di una mente che si rende disponibile ad un pensiero sempre più audace. Un pensiero che accetta totalmente quello che siamo e soprattutto ciò che stiamo diventando. Tutto può accadere, quello che siamo oggi sarà diverso domani! Il tono della voce si fa più marcato, sicuro e deciso. Potremmo passare attraverso un fuoco senza bruciarsi, guadare un fiume in piena senza esserne travolti, si potrebbe attraversare un campo di battaglia senza rimanere feriti e camminare in mezzo alla folla senza essere toccati.

Beh…  meglio essere prudenti però, non si sa mai.

In ogni caso, se non sarà la signora paura a guidarci si potrebbe completamente rimuovere la paura di coloro che ci circondano. Cercando solo speranza, amicizia e incoraggiamenti. Essere rassicurati e rassicurare l’altro, non importa quello che fa o cosa succede! Quello che offriamo, altri lo offriranno a noi.

Essere padrone, dichiararsi abile al comando e ad una condotta di impeccabilità!

teatroimpresa

Interessato al mondo della comunicazione e formazione in generale, (e in particolare al più importante mezzo di comunicazione di massa, come quello televisivo) nelle sue mille sfaccettature, in considerazione dell’importanza crescente che i processi di comunicazione acquisiscono nell'ambito della società moderna determinando così profondi cambiamenti nei modelli di comportamento e nelle relazioni sociali. Sono altresì interessato al processo di formazione dell'arte in una società tecnologicamente avanzata come la nostra, in cui la realtà virtuale è sempre più pressante e invadente. L’attività si sviluppa attraverso un’associazione che opera in continuità con la propria vocazione no profit e che incarna la vocazione alla partecipazione e alla ricerca presupposti irrinunciabili ai fini di una coerente ed efficace azione progettuale e una società dedicata alle componenti progettuali e gestionali dell’azione in campo culturale, e che consente una risposta più efficace e pertinente alla crescente domanda di un approccio imprenditoriale e di una visione aziendale nella gestione dei mercati culturali.

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