Una fiorente cultura della qualità
Cultura della qualità. Siamo tutti interessati a costruire un buon business sostenuto da un team di persone ingegnose. Una delle abilità sottovalutate è l’intelligenza di creare una fiorente cultura della qualità all’interno del gruppo.
Nella desolante situazione sociale ed economica in cui ci troviamo e che si protrae ormai da anni, dobbiamo riprendere un cammino sicuramente faticoso, spesso in salita, che parte dal lavoro e che permette di riprendere consapevolezza sul significato che ha per ciascuno di noi, non solo a livello pratico, ma anche in relazione al contesto sociale nel quale viviamo.
E’ come se ci trovassimo in un immediato dopoguerra, in quella fase di semplice raccolta e riordino delle macerie, prima della ricostruzione.
Vogliamo essere competenti, contribuire in modo significativo a qualcosa, parte di una squadra speciale.
Ci sono parecchie cose che possiamo fare per creare una cultura aziendale e ottenere una squadra motivata.
E ci sono molti benefici nel costruire un modello di qualità.
Ciò che manca, è l’idea di acquisire qualità attraverso lo studio e l’esperienza. Una qualità che va rielaborata con un personale e profondo ripensamento così da dirigere orientamenti e principi da semplice erudizione in elementi costitutivi di personalità, gusto estetico, e, in breve, nella capacità di apprendere e valutare la realtà circostante: realtà di sé e del proprio mondo.
Ogni impresa costituisce un complesso di norme sull’organizzazione tecnica e disciplinare del lavoro, predisposte generalmente e unilateralmente dall’imprenditore. Norme obbligatorie per il lavoratore per effetto dell’adesione che egli presta con la stipulazione del contratto di lavoro.
Nel migliore dei casi, quel che un imprenditore riesce a pensare è: “quali vantaggi posso offrire ai miei dipendenti?” credendo, con questo, di fare il massimo per loro. Certamente incentivi e premi sono belli da avere, e possono benissimo motivare un team per brevi periodi di tempo, ma non è la cosa principale su cui concentrarsi.
Molto meglio mettere tempo ed energie nello sviluppo di relazioni reali con ogni individuo e creare scenari in cui le persone sono incoraggiate a conoscersi l’un l’altro ad un livello profondo. Se vuoi conoscere e capire i tuoi collaboratori, loro vogliono capire te. Quando le persone si conoscono e si comprendono, si sentono a casa.
Questa è la definizione di una cultura della qualità: la sensazione di casa.
Nella maggior parte dei casi è ancora obbligatorio rimanere in ufficio dalle 9 alle 17. Eppure, oggi, la tecnologia ha reso semplice lavorare in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo. Riusciamo ancora a fare i pendolari e lavorare 8 ore in spazi limitati e angusti. In molti casi, è veramente superata l’idea di sede aziendale, cosi come l’abbiamo conosciuta vale a dire il luogo dove tutti si recano per un certo periodo di tempo durante la giornata. Non sorprende che molte organizzazioni stiano pensando a questa idea di flessibilità.
La flessibilità (non precarietà) diventerà la norma in ambito lavorativo. Nessuno più trae piacere lavorare per otto ore in ufficio e nessuno lo ritiene produttivo.
Eccezion fatta per i signori specializzati nel linguaggio tecnico da archivisti, editori di carteggi e nient’altro, sostanzialmente vuoti, “pedine del gigantesco meccanismo chiamato burocrazia, con i suoi moduli da riempire, con uffici che valutano progetti e sollecitano esami, uffici che trasmettono ad altri uffici più competenti, la mitica pratica”. Costoro adorano “il potere degli uffici”.
E’ lo stesso motivo per cui usiamo la posta elettronica: non perché sia il modo migliore e più efficiente per comunicare, ma perché tutti la usano. Il cambiamento non è mai facile.
Ciò di cui dobbiamo preoccuparci è la qualità della vita, ma siamo abituati a lasciare le cose come stanno invece di provare a fare qualcosa di diverso. In questo paese è particolarmente evidente.
In effetti, la posta elettronica può diventare un terribile modo per comunicare. La maggior parte delle volte quando si ha bisogno di informare i colleghi su qualcosa, si invia loro una breve e-mail. Non importa, poi, se il destinatario della “missiva” si trova a un centinaio di metri, in fondo al corridoio. La pigra e-mail è la facile via d’uscita per una conversazione. La posta elettronica è anche il modo più impersonale di comunicare, e se ci si fa l’abitudine, tutto il team comincerà rapidamente a preoccuparsi sempre meno gli uni degli altri.
Si tratterà semplicemente di “fare i compiti” e tornare a casa e sentirsi dire dalla moglie (o dal marito) -“Che novità tesoro?”
Che novità vuoi che ci siano. Come si può godere del tempo (di questo si tratta) sul posto di lavoro, se non sei con amici o non senti di appartenere a una “famiglia di lavoro”. Tra l’altro, le e-mail sono già una forma di comunicazione aziendale secondaria. Le piattaforme collaborative già oggi sono molto più efficaci: possiamo condividere aggiornamenti, fare videochiamate, creare discussioni, collaborare alla stesura di un documento ecc.
Incoraggiare le persone a “scendere” dal computer e avere una conversazione reale. Questa operazione potrebbe richiedere alcuni minuti in più ogni volta, d’accordo, ma migliora la qualità.
Un’altra pessima abitudine è quella di sentirsi penalizzati nel commettere errori. Gli errori devono essere assolutamente evitati e la maggior parte della gente pensa che è male a farlo. Commettere errori è uno dei modi migliori per imparare cose nuove e dovrebbe essere incoraggiato. In ambito aziendale, dovrebbe essere festeggiato con spumante e pasticcini, per quello che realmente è: una straordinaria occasione di cambiamento.
Lascia la tua squadra libera di provare cose nuove per vedere qual è la cosa migliore da fare, per loro. Ci sono buone probabilità che troveranno ciò che funziona meglio per l’azienda e il business non potrà che crescere.