Emergenza è quello che facciamo
L’ emergenza è la condizione preferita dalla classe politica, che impropriamente si autodefinisce classe dirigente, oltre a pezzi considerevoli dell’altrettanto cosiddetta società civile.
E’ comprensibile, la semplice, ordinaria, quotidiana amministrazione richiede fatica, sacrifici continui e costanti ed è piuttosto noiosa talvolta. Devo alzarmi tutte le mattine alla stessa ora, preparare la colazione, portare i bambini a scuola, fare la spesa, pulire casa, cucinare, lavare, stirare… andare in ufficio, in fabbrica, aprire la serranda del mio negozio; una serie infinita (e inevitabile) di cose da fare. I nostri dirigenti, amministratori amano i convegni, le cerimonie, gli “eventi”. Vogliamo mettere, è tutta un’altra faccenda. E’ più piacevole e gratificante occuparsi di una manifestazione piuttosto che svolgere un oscuro lavoro di manutenzione. Se io fossi, Assessore ai Lavori pubblici, per esempio, e facessi riparare una buca non avrei gli applausi che invece posso raccogliere nel convegno sull’asse attrezzato Roccapipiricchio – Pescara (sistema viario a prevalente sviluppo lineare aperto), per esempio.
Ma ad accendere i riflettori più luminosi è soltanto l’emergenza. Non basta un’insignificante buchetta. Una voragine ci vuole. Allora sì che io come Assessore do il meglio di me stesso, spiegando che avevo già scritto, avevo già previsto tutto, avevo già avvertito… Metto su una bella polemica, accesa e caotica, accuse reciproche, scaricabarile, qualche insulto, la caccia al capro espiatorio … ed ecco fatto.